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Ragazze con la pistola -

Tradite, disperate, determinate, vendicative. Sei donne, sei storie, sei omicidi. Sullo sfondo l'Italia dal Dopoguerra a agli anni 2000. Il racconto di sei lucide e folli esecuzioni riascoltando le voci dei testimoni, protagonisti e cronisti del tempo, recuperate dalle Teche Rai e dagli archivi dei quotidiani. Un tuffo in una Italia lontana, ma non troppo. Di e con Katiuscia Magliarisi, giornalista, playwriter, esperta di storytelling postmediale.

Lista episodi

18 Mag 2022

1. Sono la Fort

"Senza rendermi conto di ciò che facevo rovesciai sul viso delle vittime dell'ammoniaca e prima di allontanarmi definitivamente ficcai loro in bocca dei pannolini imbevuti dello stesso liquido. Andai a casa, mangiai due uova fritte con grissini. La notte non potei dormire. Il giorno seguente mi recai normalmente al lavoro". 29 novembre 1946. A colpi di spranga Rina Fort si oppone al suo destino, sacrificando quello di quattro innocenti: Franca, la moglie del suo amante Giuseppe Ricciardi; i figli, Giovannino di anni 9, Giuseppina di anni 7 e Antonio che non ha ancora compiuto il primo anno di vita. Il 10 gennaio 1950 alla Corte d'Assise di Milano ha inizio il processo contro Caterina Fort accusata di strage. Il 25 novembre 1953 la Cassazione conferma l'ergastolo. Un giovane cronista di nome Dino Buzzati che abitava vicino al luogo del delitto, scosso dall'episodio racconta sulle pagine del Corriere l'accaduto: "Una specie di demonio si aggira dunque per la città invisibile, e sta forse preparandosi a nuovo sangue. L'altra sera noi eravamo a tavola per il pranzo quando poche case più in là una donna ancora giovane massacrava con una spranga di ferro la rivale e i suoi tre figlioletti". Il 12 settembre 1975 la Fort, battezzata dalla stampa "la belva di San Gregorio", ottiene la grazia dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone e cambia nome in Rina Benedet. È la mattina del 30 novembre 1946 quando Pina Somaschini sale le scale di via San Gregorio 40 perché il principale, fuori Milano per lavoro, l'ha incaricata di andare a casa sua a prendere le chiavi per aprire bottega. Pina bussa alla porta ma nessuno risponde. Bussa ancora e la porta, lentamente, si apre.
36 min
18 Mag 2022

2. Il delitto dell'ermellino

Alle due, gli invitati affollano ancora il salone da ballo di Villa D'Este sul lago di Como e, mentre l'orchestra suona motivi esotici, le coppie meno stanche danzano al centro della sala. È la notte del 15 settembre 1948 quando la contessa Pia Bellentani, moglie del conte Bellentani, uccide in mezzo alla pista da ballo l'amante Carlo Sacchi col quale da otto anni intrattiene una complicata relazione. Pia estrae la pistola, la stola di ermellino scivola a terra, lei punta dritto al cuore e spara. Poi si porta l'arma alla tempia, preme il grilletto, ma l'arma si inceppa: «Non spara più! Non spara più!» presa dal panico esclama la contessa. Nel corso della serata Carlo Sacchi aveva tenuto un comportamento arrogante nei confronti della donna, come ormai faceva da tempo, stanco della loro relazione e più interessato alla Mimì, così chiamava intimamente Sandra Guidi, moglie separata di un industriale di Lugano. Mentre Pia era diventata la «terrona», la stupida romantica che un anno prima per disperazione si era gettata con la motoretta sotto l'auto sportiva di Carlo desiderosa di morire per mano di colui che non l'amava più. Il professor Saporito, mentalista, illustre luminare della psichiatria, che in passato aveva studiato il profilo del brigante Musolino, impiegò anni a stendere la perizia della contessa. A parer suo, l'idea del suicidio l'aveva accompagnata per tutta la vita e lei, forse, uccidendo l'amante aveva ucciso sé stessa. Rinchiusa nel manicomio giudiziario di Aversa, alla contessa fu concesso tenere con sé il pianoforte a coda che talvolta suonava per le altre ricoverate. A farle compagnia Leonarda Cianciulli, la nota saponificatrice di Correggio. Luogo e data: Villa D'Este sul lago di Como, 15 settembre 1948. Corpo di reato: pistola automatica "Fegyvergyar" modello 37, calibro 9 mm. Browning. Lo sparo si confonde con la musica e il chiasso tutt'intorno, solo chi in quel momento si trovava vicino al bar poté assistere la scena.
37 min
18 Mag 2022

3. Il sangue si lava con il sangue

Napoli. Assunta Maresca aspetta un bambino, è vestita a lutto e ha solo vent'anni quando il 4 ottobre del 1955 arriva al bar "Grandone" di Piazza Garibaldi e uccide a pistolettate il suo testimone di nozze Antonio Esposito, detto Totonno 'e Pomigliano. Il 16 luglio dello stesso anno l'Esposito era stato a quanto pare il mandante dell'assassinio del marito di Assunta, Pasquale Simonetti, a tutti noto come Pascalone 'e Nola, un famigerato boss. "Perché il sangue si lava col sangue" dichiara dopo il fatto la bella e avvenente Assunta che giovanissima aveva anche vinto il titolo di miss in un concorso locale, da lì il soprannome di Pupetta, per il suo volto chiaro e ovale, simile a quello di una bambola. Assunta Maresca viene condannata a 14 anni e tre mesi, poi graziata nel 1965 torna nuovamente libera. Passa alla storia perché nel 1955 primedonne di camorra non si era abituati a venderne e perché Francesco Rosi racconterà la sua vita in un film, "La sfida". Attrice a sua volta, appare in veste di protagonista 1967 nel film "Delitto a Posillipo". Chiusa la parentesi cinematografica si dedica all'abbigliamento aprendo dei negozi a Napoli. Ma le sue vicende di malaffare e proseguono fino al caso Cutolo. Anche la Rai realizza un film TV sulla sua vita. Totonno 'e Pomigliano cade a terra in un bar vicino alla stazione di Napoli in una tiepida giornata d'ottobre fulminato da parecchi proiettili per mano di una donna d'onore al quarto mese di gravidanza.
33 min
18 Mag 2022

4. Storia di una mattanza

In quella sera del 13 novembre del '75 a Vercelli soffia un vento freddo. Dentro una villetta, nella zona periferica della città in via Caduti dei Lager numero 9 si preparano a cenare Sergio Graneris, la moglie Itala Zambon, il figlio Paolo di tredici anni, e i nonni materni Romolo Zambon e Margherita Baucero. Il volume della televisione è molto alto, stanno trasmettendo uno spettacolo di varietà. Sono circa le 20.30 quando una Simca 1300 parcheggia nel vialetto fuori dalla villa. Dal veicolo scendono Doretta Graneris e Guido Badini, il fidanzato. Antonio D'Elia, un amico dei giovani con precedenti penali, resta alla guida dell'auto rubata. I due si presentano a casa Graneris per cenare in famiglia ma al posto di un vassoio di dolci portano con sé due pistole: una Beretta calibro 9 e una Browning calibro 7.65, con le quali freddano tutti anche il cane, perché abbaia troppo. A Doretta la vita di provincia sta stretta, a consolarla solo il fidanzato, Guido Badini che però ai suoi genitori non va molto a genio, disoccupato il ragazzo è solito dividere il suo tempo tra Doretta, il tiro a segno e la palestra. Finché Sergio Graneris alla fine cede e per accontentare la figlia acconsente al matrimonio con Guido. Le cose sembrano sistemarsi ma per Doretta non è così. La giovane non riesce a placare rabbia e risentimento verso la famiglia nonostante tutti i compromessi. E trascina con sé, in un delirio di vendetta, anche il fidanzato e l'amico Antonio. Il caso Graneris anticipa sotto certi aspetti le vicende di Pietro Masi e Erika De Nardo. L'indomani, mentre i corpi giacciono trucidati davanti agli occhi della nonna paterna, Doretta è a fare spese con il fidanzato. Ergastolo alla coppia e 22 anni all'autista. In carcere Doretta Graneris ricomincia a studiare e si laurea in architettura.
35 min
18 Mag 2022

5. Mi avete chiamata Circe

La Bussola, uno dei locali storici della Versilia. È la notte tra il 16 e il 17 luglio del 1989 e Maria Luigia, 50 anni, capelli alla Brigitte Nielsen, tacchi a spillo, una mini animalier, si scatena in mezzo alla pista con il suo amante di turno Carlo Cappelletti, un carabiniere a cavallo di 23 anni, giovane, bello e aitante. Intanto, nel garage di casa, il marito Luciano Iacopi, 69 anni, giace in una pozza di sangue massacrato da 18 coltellate, lasciando un patrimonio di oltre 7 miliardi di lire. "La circe della Versilia", come la chiameranno i giornali, ha il pallino della magia nera, frequenta molti maghi, commissiona fatture e sortilegi, arriva a dare 15 milioni a un professionista dell'occulto ma i malefici contro il marito non vanno a segno, tenta allora con un killer professionista... È lei che ritrova il marito e che chiama la polizia. In discoteca l'hanno vista tutti quindi l'alibi lo ha, qualcosa però non torna: la porta del garage era chiusa con quattro mandate e le chiavi le hanno solo lei e il marito. I due amanti vengono assolti per insufficienza di prove ma al giallo delle chiavi si sommano anche le intercettazioni e La Corte d'Appello di Firenze riapre il processo: per Maria Luigia Redoli e l'amante Carlo Cappelletti scattano le manette, la sentenza è "fine pena mai". Mi avete chiamata Circe ma non sono una strega, l'unico maleficio l'ho fatto a me stessa. La prova "madre" non è mai emersa ma un'Italia bigotta l'aveva già condannata quella notte.
35 min