«Censurata l’intervista a Judith Butler». Bufera sul Guardian

di Elena Tebano

È polemica dopo che il quotidiano britannico Guardian ha modificato un’intervista a Judith Butler in cui la filosofa criticava una parte del movimento femminista facendo riferimento alle «femministe trans-escludenti». Un termine usato per riferirsi alle femministe che criticano il concetto di genere e l’idea che le donne trans siano donne come tutte le altre (a prescindere dal fatto che abbiano completato la transizione chirurgica), e che queste reputano offensivo. Ma il Guardian non si è limitato a togliere il termine: alcune ore dopo la pubblicazione dell’articolo, il quotidiano lo ha modificato togliendo ogni riferimento alla fazione del movimento femminista che rifiuta il concetto di genere, limitandosi ad aggiungere una postilla in calce: «Questo articolo è stato modificato il 7 settembre 2021 per riflettere gli sviluppi avvenuti dopo lo svolgimento dell’intervista». Ora sui social il Guardian viene accusato di aver «censurato» una delle più note filosofe contemporanee.

Tre decenni fa Butler con il suo Gender Trouble (Questioni di genere, Laterza) ha messo in discussione la naturalità dell’identità di genere, spiegando la sua differenza rispetto al sesso. E cioè che, lungi dall’essere un dato naturale e biologico, il genere è un costrutto culturale, frutto di un quadro di norme sociali e politiche, spesso implicite, che precede la nascita dei singoli individui e determina come vengono riconosciuti. All’epoca la questione era considerata marginale, anche a livello filosofico. Nei trentuno anni passati da allora è arrivata al centro del dibattito teorico e dello scontro politico (basti pensare a quello che è successo con il dibattito sul ddl Zan). Nell’intervista al Guardian, Butler torna a parlare delle questioni sollevate da Gender Trouble alla luce del dibattito contemporaneo (l’abbiamo segnalata nella nostra newsletter Rassegna stampa).

«Doveva essere una critica dei presupposti eterosessuali all’interno del femminismo, ma si è rivelato essere più sulle categorie di genere — dice nell’intervista del libro che l’ha fatta conoscere —. Per esempio, ciò che significa essere una donna non rimane lo stesso da un decennio all’altro. La categoria di donna può cambiare e cambia, e abbiamo bisogno che sia così. Politicamente, assicurare maggiori libertà alle donne richiede che ripensiamo la categoria di “donne” per includere queste nuove possibilità. Il significato storico del genere può cambiare man mano che le sue norme vengono rievocate, rifiutate o ricreate. Quindi non dovremmo essere sorpresi o contrari quando la categoria delle donne si espande per includere le donne trans. E dato che siamo anche nel business di immaginare futuri alternativi di mascolinità, dovremmo essere preparati e persino felici di vedere cosa fanno gli uomini trans con la categoria degli “uomini”». È una risposta molto netta a chi, anche sostenendo di parlare a nome di tutto il femminismo — che invece ha posizioni molteplici e distinte su questi temi —, afferma che le donne transgender non sono davvero donne, perché non hanno fatto esperienza della vita biologica femminile (avere il ciclo o partorire, per esempio).

Rispondendo a una domanda dell’intervistatrice Butler faceva esplicito riferimento a questa fazione del movimento femminista. E affermava: «È terribile e a volte abbastanza spaventoso vedere come le femministe trans-escludenti si siano allineate con gli attacchi di destra sul genere. Il movimento dell’ideologia anti-gender non si oppone a un tratto specifico del genere, ma cerca di sradicare il “genere” come concetto o discorso, campo di studio, approccio al potere sociale. A volte affermano che il “sesso” da solo ha un valore scientifico, ma altre volte si appellano a mandati divini per il dominio e la differenza maschile. Non sembrano preoccuparsi di contraddirsi». Le femministe critiche del genere rifiutano la definizione di «trans-escludenti», e sostengono di non escludere né discriminare le persone transgender: alcuni giornali, come l’Economist, hanno per questo deciso di non usare il termine, né il suo acronimo «terf».

«L’ideologia anti-gender è uno dei ceppi dominanti del fascismo dei nostri tempi. Quindi le femministe radicali trans escludenti non faranno parte della lotta contemporanea contro il fascismo, che richiede una coalizione guidata dalle lotte contro il razzismo, il nazionalismo, la xenofobia e la violenza carceraria, che sia consapevole degli alti tassi di femminicidio nel mondo, che includono alti tassi di attacchi alle persone trans e genderqueer» proseguiva Butler nella prima versione dell’intervista, associando le femministe critiche del genere ai movimenti di estrema destra. Anche questa ovviamente è un’accusa respinta dal movimento femminista anti gender. Non è chiaro se le militanti anti-gender abbiano chiesto al quotidiano di rimuovere il riferimento: critiche all’uso del termine «terf» ci sono però state online.

Il passaggio originale dell’intervista a Butler, espunto dal Guardian Il passaggio originale dell’intervista a Butler, espunto dal Guardian

Adesso questi passaggi dell’articolo non sono più visibili. E la risposta di Butler è stata modificata. «Il movimento ideologico anti-gender, un movimento globale, insiste che il sesso è biologico e reale, o che il sesso è divinamente ordinato, e che il genere è una finzione distruttiva, che abbatte sia l’”uomo” che la “civiltà” che “Dio”. Le politiche anti-gender sono state sostenute dal Vaticano e dalle chiese evangeliche e apostoliche più conservatrici in diversi continenti, ma anche dai neoliberali in Francia e altrove che hanno bisogno della famiglia normativa per assorbire la decimazione del welfare sociale. Questo movimento è allo stesso tempo anti-femminista, omofobico e transfobico, opponendosi sia alla libertà riproduttiva che ai diritti trans. Cerca di censurare i programmi di studi di genere, di togliere il genere dall’educazione pubblica - un argomento così importante da discutere con i giovani. E di invertire i principali successi legali e legislativi per la libertà sessuale, l’uguaglianza di genere e le leggi contro la discriminazione di genere e la violenza sessuale», si legge nella versione attualmente online.

L’autrice dell’intervista Jules Joanne Gleeson ha scritto su Twitter di aver rimandato una riformulazione del paragrafo in questione al Guardian. Ma che il giornale non l’ha pubblicata e si è limitato a espungere la parte sulle femministe anti gender. Al momento nelle pagine delle correzioni del giornale non ci sono riferimenti alla vicenda. E ora sui social si moltiplicano le accuse di censura al quotidiano.

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