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E dopo una prima puntata dedicata alla situazione del mercato dei podcast e delle newsletter in Italia, oggi proseguiamo con altri due ospiti.

Come ha scritto nella newsletter della scorsa settimana Francesco Costa, spesso i progetti creativi indipendenti si reggono sulla buona volontà, non portano vantaggi economici diretti ma ne portano di collaterali, e dobbiamo quindi valutare se questi vantaggi ci sono e se sono sufficienti a farci proseguire e a motivarci.

Io ad esempio non ringrazierò mai abbastanza questa newsletter, che mi permette di sperimentare in uno spazietto solo mio, che condivido con te e le e le altre persone iscritte, e che mi ha sicuramente permesso di farmi conoscere, avere opportunità, incrociare persone interessanti.

È uno sbattimento? Certo, c'è un sacco di lavoro ai progetti in cui ci imbarchiamo, ci sono investimenti monetari (strumenti, grafiche, attrezzature), tempo tolto al relax. Se ne vale la pena lo capiamo solo noi, ma sicuramente servono idee chiare e un progetto, competenze ma anche voglia di metterci un po' di noi e della nostra personalità, costanza, testardaggine, e soprattutto l'impegno a rispondere sempre alla domanda che tu ti fai ogni volta che vedi un'email entrare nella tua casella o ti viene suggerito un podcast: "cosa c'è qui dentro per me?".

Oggi qui dentro ci siamo io e le riflessioni di altre due persone che per me sono pazzesche, competenti, appassionate, disponibilissime. Ho chiesto proprio a loro due di regalarmi queste righe oggi perché entrambi hanno progetti indipendenti ma lavorano anche per progetti pagati da altri.

Sono Mariachiara Montera e Jonathan Zenti, e la lista di persone a cui devo uno spritz di ringraziamento oggi si allunga ancora un po'. Leggili subito.
Tra tutte le cose di cui una persona si può occupare all’interno dell’ecosistema dell’audio narrativo on-demand, podcast e audioserie, quello che mi appassiona di più è la direzione creativa di un progetto. In questo momento storico la mia vita lavorativa è divisa salomonicamente in due: ci sono i progetti che faccio per me e quelli che faccio per altri. In quelli che faccio per me io sono la mia unica squadra: faccio il design del progetto, lo scrivo, ci metto la mia voce, compongo e produco le musiche e la sonorizzazione, mi occupo della promozione, del rapporto con la community, dell’analisi dei dati e dello sviluppo strategico. In quelli che faccio per altri invece metto insieme delle squadre di lavoro con competenze diverse di volta in volta a seconda delle esigenze del progetto e io mi occupo più della parte di direzione artistica.

Queste due metà in realtà sono parte dello stesso processo creativo, e per come le faccio io nessuna delle due potrebbe esistere senza l’altra. Portare avanti un progetto indipendente serve per spostare l’orizzonte in avanti, capire quali sono le nuove sfide e aprire strade che ancora non sono state percorse; tutto il materiale che esce da queste sperimentazioni diventa materia per offrire contenuti e modalità innovative e all’avanguardia al mercato, e portare chi si affaccia nel mondo dei podcast verso qualcosa di unico che li distingue dagli altri. Allo stesso tempo lavorare per il mercato e averci a che fare, costringe la parte indipendente e sperimentale a non avvitarsi su sé stessa, rimanendo in contatto con il pubblico, con gli ascoltatori e con la comunità.

Per molti anni in cui l’audio non se lo filava nessuno, per me la sfida è sempre stata quella di farlo diventare popolare e mainstream. Ora che c’è un po’ di attenzione e ci sono un po’ più di risorse rispetto al passato, la sfida è non sciupare questo momento, di fare in modo che ascoltatori, editori e aziende non si stanchino in fretta del giochino. Mentre in molti si affacciano all’audio e ai podcast per trarne vantaggi e prosciugare le risorse, per me la sfida adesso è mantenere il terreno vivo e fertile affinché questo momento duri il più a lungo possibile. 


Jonathan Zenti è un autore e designer di podcast e audio. Ha lavorato per RadioRAI, BBC, ABC Australia, CBC, Chora Media e ha ideato e realizzato podcast per, tra gli altri, Netflix, Save the Children, Giorgio Armani. Si concentra sulla direzione creativa, dalla scrittura alla sonorizzazione, per creare contenuti dalla forte identità in grado di farsi notare dal pubblico e di costruire una forte relazione con gli ascoltatori. Oggi scrive e produce il suo podcast indipendente Problemi, scrive di podcast su Internazionale ed è Head of Content di Spreaker.

Io ti consiglio di ascoltare l'ultima puntata di Problemi, che aggiunge ulteriori riflessioni a questa serie di email, e ti prepara anche alla terza puntata.
Perché si decide di fare un podcast? Diciamolo: è un lavoro gigantesco di ideazione, scrittura, tecnica, distribuzione, comunicazione e chi sa cos’altro ho dimenticato. Quindi facciamo un passo, spostiamoci di lato e parliamo di altro: che ritorno ci si può aspettare da un podcast? Qui ti porto due esperienze: quella di essere podcast host per Storytel – con un podcast, Lingua, uscito nel 2019, e un secondo in uscita nell’autunno 2022 – e quella da content creator che ha creato Conserve, una newsletter + podcast sui miei canali proprietari. Quindi, se teniamo un paragone con i libri, sono un’autrice pubblicata e insieme una che si autopubblica, col vantaggio che nel mercato del podcast l’autopubblicazione non ha l’onta della disfatta ma la grinta dell’indipendenza.
Ti porto alcune conclusioni.
  • Entrambi i progetti hanno generato opportunità indirette: formazione, partecipazione a eventi, passaparola, contatti professionali. Quindi, investimento per generare valore e accrescere il proprio capitale professionale, se vogliamo fare un riassunto.
  • Entrambi i progetti mi hanno avvicinato a una community che non avrei avuto modo di intercettare: il podcast è tra i mezzi più potenti per avvicinarti alle persone, e non lo dico solo per me che racconto i fatti miei e ho una chiave intima di condivisione. Quindi, costruzione e ampliamento di una community, cosa farne poi sta ai singoli: in ogni caso, è ricchezza. 
  • Nel caso di Storytel, ho avuto un ritorno economico, ma forse la cosa più importante è che ho imparato, e tantissimo: scrivere per l’audio è diverso da altri tipi di scrittura, e senza la guida del mio primo producer, Carlo Annese, non lo avrei mai scoperto.
Mi vengono spesso chiesti consigli su come cominciare, e io ripeto sempre le solite tre cose:
  1. Trova qualcosa di cui non vorresti mai smettere di parlare, e non perché vogliamo host logorroic*, ma perché un podcast è fatto di costanza e almeno una manciata di episodi: perché abbiano senso, ci deve essere ciccia, e se quella ciccia è qualcosa che conosci, di cui sai individuare le fonti, su cui hai diversi aneddoti, allora il lavoro diventa più semplice.
  2. Svela qualcosa di autentico di te, perché il legame tra l’host e chi ascolta fa parte della chiave di svolta di un podcast: può essere legato ai tuoi gusti in fatto di libri, di cibo, a episodi del tuo passato, al perché hai scelto di parlare di quel tema, o come hai conosciuto quell’ospite. Aggiungere un tocco personale permette di tirare fuori la tua voce, oltre il senso letterale: stai facendo un podcast perché quella voce venga ascoltata, quell’idea venga diffusa. Ci vuole coraggio, ma tirare fuori qualcosa di te ti renderà più riconoscibile.
  3. Ti piace scrivere? Conosci persone interessanti? Sei più brillante quando conversi o rendi meglio con i testi? Farti queste domande può orientarti nella scelta del tipo di podcast da realizzare: con interviste, scritto, a braccio. Chiediti in cosa sei portat*, e poi provaci.

Mariachiara Montera lavora con le parole e col cibo: consulente di comunicazione, foodwriter, content creator, formatrice e podcast host. Insomma: multipotenziale, ma chi non lo è a 42 anni? Ha creato format e progetti legati al food: Conserve, Food Masterclass, TravelWithGusto e Pagnotte. È host di Lingua, il podcast su cibo e relazioni per Storytel. In autunno è prevista l’uscita del nuovo podcast per Storytel, dove parlerà di psicoterapia, sempre attraverso il cibo. Nata a Salerno, ha vissuto a Bologna, Milano e ora ha casa a Torino.
E tu cosa ne pensi <<Come ti chiami? Mi basta solo il nome>>?

L'Angolo degli annunci

Ieri ho presentato il project work finale della Scuola di Digital Update che ho frequentato quest'anno. Di questa esperienza ho raccontato nel blog della Scuola: puoi leggere qui il post uscito oggi, in cui spiego come diventare secondo me digital strategist di domani, e se vuoi iscriverti hai il 10% di sconto se lo fai da qui. (link affiliato).

Link entusiasmanti della settimana 

L'illustrazione di oggi

Sa di estate ed è di Billie

La canzonetta di oggi

Ho una voglia di concerti incredibile, ho invidiato molto chi era al Primavera e sotto questo palco.
 
Fontaines D.C. - Boys in the better land

La prossima settimana arriva la terza puntata: fammi sapere se questa serie ti sta piacendo :)

Intanto buon weekend!
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Lo sai che ho scritto un ebook per Zandegù sulle newsletter?
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