Per questo, io credo, il Papa ha definito questa guerra una «pazzia», ossia un conflitto dove purtroppo né da una parte né dall’altra brilla il lume della ragione e gli animi sono presi dall’odio, dalla violenza e dalla crudeltà, benché esistano vittime innocenti da ambo le parti. Per questo il Papa ha escluso la presenza nei belligeranti di interessi legittimi ed ha parlato invece di «interessi di parte», ossia di parzialità o partigianeria dall’una dall’altra parte. Occorrerebbe deporre le armi assieme.
Il mio forte sospetto e non solo il mio è che dietro ad ambo le parti e dietro le ragioni vere o finte da loro avanzate, a soffiare sul fuoco ci sia l’ombra sinistra ed inquietante di ben noti potentissimi personaggi e ristrettissimi gruppi finanziari capitalistici in competizione fra di loro, i predicatori del Nuovo Ordine Mondiale, finti filantropi, desiderosi soltanto di mettere le mani sulle ricchezze dell’Ucraina.
Bisogna che gli Stati Uniti e la NATO da una parte e la Russia e la Cina dall’altra s’interroghino seriamente sul senso che possano avere i loro rispettivi arsenali atomici e se non convenga piuttosto all’intera umanità e a tutti gli Stati del mondo affidare la protezione dei propri interessi e della propria sicurezza all’Organizzazione delle Nazioni Unite, quale unica e legittima autorità internazionale sovranazionale incaricata ed autorizzata dagli stessi Stati elettori di disporre della necessaria forza pubblica militare, finalizzata a far rispettare la legge e il bene comune da parte di quegli Stati grandi o piccoli, i quali mostrassero con soprusi, crimini o atti di violenza di mancare al loro dovere verso la comunità internazionale.
È giusto scongiurare in nome di Dio, di deporre le armi e di ricorrere alla trattativa. Ma bisogna che il mediatore di pace faccia di più: egli deve indagare con la massima attenzione ed amore per la verità, sulla base di buone informazioni, il significato delle posizioni dei due belligeranti; deve entrare nel loro cuore e nella loro coscienza ed evidenziare i motivi profondi che li inducono a combattersi. Egli deve farli ragionare, metterli davanti alle loro responsabilità in modo che siano messe a confronto le ragioni e i torti l’uno dell’altro e, sulla base dei valori comuni comunemente accettati.
Se il mediatore di pace deve scegliere un partito, dev’essere solo quello della giustizia, ma per il resto deve stare attento a non parteggiare, mosso da interessi personali o da passione, per una parte contro l’altra, ma deve stare al di sopra delle parti, nell’ordine di ciò che unisce e non ciò che divide, con oggettività, imparzialità e serenità. Solo così si attirerà la stima e la fiducia di ambo le parti ed otterrà che esse cessino dal conflitto e vengano ad un accordo.
Esempio fulgido per un Papa sono le parole suasive e risolutrici che S.Giovanni XXIII seppe indirizzare nel suo accorato messaggio a Kennedy e a Krusciov nel 1962, in occasione della crisi di Cuba. (Continua)